Giulio Zanet

Giulio Zanet

Intervista a Giulio Zanet
a cura di Alberto Ceresoli e Carmela Cosco

Alberto Ceresoli | Carmela Cosco Che cosa cerchi nella pittura e che discorso sostiene il tuo fare pittorico?

Giulio Zanet Nella pittura cerco delle risposte, un senso. Il mio fare pittorico sostiene che esisto. Dipingere è una conferma della mia esistenza, accettare che l’incertezza faccia parte dell’esistenza. Partendo dal presupposto che molto probabilmente vivere non ha molto senso, dipingere forse è un tentativo per dimostrare il contrario. Ma allo stesso tempo anche dipingere può non avere un senso. Quindi il discorso si riduce a un dialogo molto intenso e inutile sul senso della vita. Dipingere è il modo migliore con cui comunico. Tante cose che riesco a trasmettere con questa pratica trovo siano impossibili da raccontare con le parole. È un linguaggio libero.

AC|CC Processi, tempi, impegno o disimpegno nel lavoro. Raccontaci del tuo approccio alla pittura. Come si articola il processo di formalizzazione dell’opera? Come vivi il tuo studio? Rigore o elasticità progettuale?

GZ Mi approccio alla pittura nel modo più disponibile possibile, è raro che abbia un progetto. Vado in studio, scelgo il supporto, ci butto su del colore in modo piuttosto casuale e poi lascio che la pittura mi porti dove capita. Quello che mi interessa è proprio quello che capita, perché non lo so mai a priori. Spesso lavorando su layers, mi accorgo che è come se esistesse un dialogo tra due o più elementi che si contrappongono. É come se ognuno esponesse la propria tesi, poi arriva un momento di sintesi o di chiusura che invece di risolvere la questione è come se tirasse fuori un nuovo argomento. Più credo di essere arrivato da qualche parte più si aprono orizzonti sui quali andare avanti. E qui torniamo all’insensatezza. Non essendoci un fine.

AC|CC Ci interessa il tuo rapporto con la materia pittorica. Ci interessa il tuo rapporto con supporti e materiali. Scelte e affezioni?

GZ Mi piace sperimentare nuovi supporti, non mi limito alla tela classica (anche se ogni tanto, ammetto, amo tornare a lavorarci, quasi come tornare “a casa” per poi ricominciare ad esplorare). Su quello che incontro sulla mia strada, se mi colpisce, provo a lavorarci… e così mi sono approcciato a supporti in pvc, tessuti, carte e cartoni. Ultimamente ho scoperto un supporto che trovo molto stimolante: si tratta di cartoni derivanti da una stamperia di tessuti moda. Sono come delle lastre di cartone sul quale vengono posizionati i pezzi di tessuto per la stampa digitale. Il file di stampa fuoriesce dalla sagoma del tessuto, andando a sporcare la base (il cartone). I disegni si sommano così casualmente, e quando sono troppo usati l’operatore li butta. Io ho deciso di recuperarli. Il fatto che abbiano già una loro storia, una traccia di strati di disegni vari su cui intervenire mi stimola a continuare il racconto. A volte capita che siano solo lo spunto per cominciare per poi li coprirli totalmente. A volte invece la mia pittura dialoga con il preesistente creando una nuova narrazione. Tendo a prediligere gli smalti ad acqua che però contamino con l’uso di bombolette spray e pigmenti per tessuto. Mi capita a volte di inserire nelle mie opere elementi tridimensionali, quasi come un gioco.

AC|CC Astrazione o figurazione?

GZ Il mio è un lavoro sulla pittura. Sulla superficie e sul colore. Non saprei definire il mio stile ma sicuramente ha a che vedere con l’astrazione anche se non astraggo nulla. Mi interessa il lato esperienziale della pittura, del suo farsi e del suo essere fruita. La pittura è quindi il soggetto unico del mio lavoro.

AC|CC Ti chiediamo un pensiero iconografico rispetto alla tua produzione pittorica. Riferimenti e influenze?

GZ Ci sono tantissimi artisti che amo. Da ragazzino amavo Egon Schiele, poi ho amato Bacon, poi Schifano. Li amo ancora tutti e si sono aggiunti Hockney, Sol LeWitt, Burri, Tintoretto, Tiepolo, Matisse, Richter, Malevic, Morris Louis, Ellsworth Kelly. E poi ce ne sarebbero tanti altri di cui ora sicuramente mi scordo i nomi. Sono vorace, guardo un sacco di roba e immagazzino. E non solo la pittura influenza il mio lavoro, ma sicuramente anche tutto quello che leggo e guardo. Letteratura e cinema hanno un grande ruolo nel mio immaginario. Anche la moda ha una certa influenza sul mio lavoro.

 

 

Giulio Zanet (Torino, 1985) vive e lavora tra Reggio Emilia e Milano.

La ricerca dell’artista viene presentata negli anni all’interno di gallerie e prestigiosi contenitori per l’arte contemporanea: Liu Hiusu Art Museum (Shangai), S.A.L.E, Ex Magazzini del Sale (Venezia), Istitut Francais-Palazzo delle Stelline (Milano), Transnational Pavillon Venice Biennal (Venezia), Riso – Museum of Contemporary Art of Sicily (Palermo), Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino), Arte Fiera (Bologna), ABC Arte (Genova), Roberta Lietti Arte Contemporanea (Bologna), Kaleidoskop (Berlino), Palazzo dei Congressi (Roma), Fonderia Battaglia, (Milano). Riconosciuto da importanti premi internazionali: Premio Cairo, Premio Lissone, Premio Celeste, Premio Combat, Arte Laguna. Partecipa negli anni a residenze in Germania, Spagna, Finlandia e Slovacchia.

Untitled, 110x80 cm, tecnica mista su carta, 2020
Untitled, 110x80 cm, tecnica mista su carta, 2020