Introduction: Davide Quartucci

Introduction: Davide Quartucci

24.03 – 14.04 2022
Superstudiolo Arte Contemporanea
ONLINE EXHIBITION

“Ecco come bisogna essere! Bisogna essere come l’acqua. Niente ostacoli – essa scorre. Trova una diga, allora si ferma. La diga si spezza, scorre di nuovo. In un recipiente quadrato, è quadrata. In uno tondo, è rotonda. Ecco perché è più indispensabile di ogni altra cosa. Niente esiste al mondo più adattabile dell’acqua. E tuttavia quando cade sul suolo, persistendo, niente può essere più forte di lei.”[ Lao Tzu ]. E ancora: “L’acqua non oppone resistenza. L’acqua scorre. Quando immergi una mano nell’acqua senti solo una carezza. L’acqua non è un muro, non può fermarti. Va dove vuole andare e niente le si può opporre. L’acqua è paziente. L’acqua che gocciola consuma una pietra. Ricordatelo, bambina mia. Ricordati che per metà tu sei acqua. Se non puoi superare un ostacolo, giragli intorno. Come fa l’acqua.” [ Margaret Atwood ]. Sul tema dell’acqua sono stati versati quantità inimmaginabili di inchiostro, e questa storia di pittura che sto per narrarvi, nasce, cresce si avviluppa, si serve, si nutre di acqua come matrice feconda, come compagna giocosa, come ombra e ricamo. Dall’acqua veniamo, basti pensare all’utero materno, e nell’acqua torneremo, come polvere, terra e fango – materia mobile e malleabile così sensibile ed esposta ai cambiamenti tellurici. Siamo frammenti di materia. Davide Quartucci, attraverso le sue opere, che siano pittoriche, scultoree o video, si nutre di un’immaginazione fervida – difatti, il suo immaginario è costellato di grandi nomi della storia dell’arte, così come di fiabe, musiche e paesaggi nordici, dove la natura assorbe l’uomo e viceversa. Tra le sue numerose letture, è doveroso citare a supporto della sua ricerca “Psicanalisi delle acque” di Gaston Bachelard, un’indagine fervida in cui l’acqua si trasforma in elemento magico, come materia libera – metafora di un inconscio proprio dei sogni, selvaggio e naturale. I personaggi di Quartucci sono sospesi in un tempo circolare, Bergsoniano, messo in pausa, come nelle fiabe. Essi derivano da narrazioni popolari, sono pressoché maschili e nudi, collocati in una circolarità di decadenza e decadimento della carne – tra infanzia e vecchiaia. Sono solitari e congelati in uno stato di angoscia e demenza. Il ciclo della vita scorre come le acque compagne, che riflettono e dialogano con i protagonisti, dei Narcisi dementi. Pozzanghere, vasche, terre paludose, bacinelle o navi – ritroviamo una narrazione goliardica, perturbante, umida, densa di profonde acque melmose che ci attraggono. È l’eros della morte, l’attrazione fatale verso la caducità insensata dell’esistenza. Per Freud, l’Unheimliche – il Perturbante appartiene alla sensazione di estraniamento e spaesamento, è il non nascosto, è tutto ciò di intimo, segreto che riaffiora, riemerge, è l’estraneo familiare che ci getta nell’incertezza e nell’inquietudine. In Quartucci il perturbante è il rapporto con il trascorrere del tempo, con il processo irreversibile dell’invecchiamento corporeo, della regressione infantile che caratterizza uno stato di eterno ritorno in grembo. Bambini siamo stati, bambini torneremo. Di nuovo una ciclicità che si ripete, in loop. La pittura di Quartucci è una perenne attesa tra una pesca e un pediluvio. Il disfacimento dell’esistenza si rispecchia e si ritrova nella pennellata dell’artista, così scaglionata e divisionista, ci ricorda i filamenti e la frammentazione – la distruzione della linearità a favore di una materia pittorica sensibile, percepita come una visione reale – senza contorni, legami, confini o parole. Senza sovrastrutture: si tratta di una pittura nuda, spogliata, che si lava e si riflette nel suo stesso accadere. Gli stessi divisionisti italiani si cimentavano, nelle loro opere, tra scene mitiche e popolari, tra leggende epiche e scene di vita quotidiana, tra simbologia e natura, basti pensare al “Quarto Stato” di Giuseppe Pellizza da Volpedo” o alla “Maternità” o alla “Passione” di Gaetano Previati. La pittura di Quartucci è strumentale, l’artista stesso si nutre di musica classica, celtica, jazz o di qualunque sonorità possa scorrere liquida e accadere. È così che avvistiamo i fantasmi di Cab Calloway o Dmitri Shostakovich. Si tratta di una pittura che puoi ascoltare, tra splah, barchette, fantasmi. Onomatopeica e cinematografica. È forse “Fantasia 2022”? Non è certo Disney, ma ne percepiamo i fasti inquietanti e a tutti lugubri dei primi cortometraggi animati anni Trenta di cui l’artista stesso è appassionato. Alla mente, non a caso, viene in ricordo la famigerata “The Skeleton Dance” firmata dalla Disney Company del 1929. Se in quest’ultimo sono le ossa ad essere filamentose e molli, in Quartucci, è la carne a rendersi plastilina, materia vibrante e liquida, modulare e flaccida; caduca, fragile, delicata e livida. Una carne atmosferica che ricorda i “Covoni” di Claude Monet. Corpi che sono montagne di fieno, di filamenti, rifratti dalla luce e dal colore, dalla pennellata scissa dell’artista. Un’equazione, una metrica, una proporzione: la carne è pittura, e la pittura è acqua. Tant’è che siamo fatti di acqua, e solo l’arte può redimerci dal peccato vitale di statuto effimero. In Quartucci ritroviamo Ernest Hemingway e il capolavoro “The Old man and The Sea” del 1951, percepiamo così forti e densi: la vecchiaia, l’illusione, la disillusione, la solitudine, l’isolamento, lo sconforto e l’avventura. E siamo affascinati da quegli omaccioni dagli occhi cartoonizzati e gli stivali di gomma gialli – sproporzionati, con nasi fallici, pance gravide, ossa sporgenti e arti lunghi come autostrade desolate. Mostruosità umane, icone di horror vacui. Alzi la mano, chi non ha pensato guardandoli, a George, “Georgie” Elmer Denbrough, creato dall’immaginazione onnivora di un maestro dell’horror come Stephen King. In questi incubi grotteschi ritroviamo la stessa propensione macabra di dipingere propria di James Ensor, e se quest’ultimo utilizzava le maschere per i propri teatri di miseria umana, Quartucci si serve di fantocci umanoidi, goffi e gonfi per farci giocare con il deperimento proprio della morte, tra surrealtà e simbolismo. La poetica di Quartucci agisce come memento mori, e nonostante la profondità esistenziale delle sue creazioni, avvertiamo impalpabile un elemento di gioco e goliardia, di beffa, come volere fregare la morte, anche di fronte alla spietata evidenza del decadimento al quale tutti noi siamo condannati. Come lumache tentiamo una corsa nel fango, nello stagno delle illusioni. E’ l’inizio di una fiaba, forse.

(Federica Fiumelli)

Uomo dalle mutande a cuori nel fosso, olio su tela, 60 x 80 cm, 2022
Uomo dalle mutande a cuori nel fosso, olio su tela, 60 x 80 cm, 2022

Intervista a Davide Quartucci
a cura di Alberto Ceresoli e Carmela Cosco 

AC|CC Che cosa cerchi nella pittura e che discorso sostiene il tuo fare pittorico?

Davide Quartucci Vivo l’arte come la costruzione di un mondo altro. Mi interessa l’uomo, soprattutto la dimensione dell’infanzia e della vecchiaia. Cerco sfumature demenziali che mi consentono di concretizzare visioni e stimoli; trovo che la ricerca del demenziale sia un modo di approcciarsi al mondo, un modo per alterarne la percezione. Voglio creare contrasti elogiando la dimensione dionisiaca della carne: appaiono vecchi che si comportano da bambini, che giocano nudi su pozzanghere o che si fingono marinai mentre fanno il bagno e così via. Mi interessa anche l’aspetto fiabesco, che viene inebriato anche esso di demenza e di morte. Mi voglio rifare all’aspetto morfologico della fiaba per alterarne la struttura. La pittura è un medium con cui concretizzo queste visioni. In base al risultato che ricerco decido se andare verso la pittura, la scultura, il video o la fotografia.

AC|CC Processi, tempi, impegno o disimpegno nel lavoro. Raccontaci del tuo approccio alla pittura. Come si articola il processo di formalizzazione dell’opera? Come vivi il tuo studio? Rigore o elasticità progettuale?

DQ Sono perennemente in conflitto. Mi piace la confusione e non rinnego le mie crisi. Lavoro con una certa costanza, e questo mi permette di mantenere un approccio elastico e un atteggiamento autentico con l’arte. Mi piace leggere saggi, romanzi, fiabe; la lettura è un vagabondaggio interiore. Amo moltissimo anche i cartoni animati Disney, soprattutto degli anni 30. Dagli stimoli visivi e delle letture rielaboro ciò che mi salta in mente e sono spinto a concretizzare queste immagini, che mi rappresentano sempre. I miei personaggi sono sempre autoritratti interiori. In studio mi sento il padre di tutto ciò che sta al suo interno. Sono molto affezionato ai miei lavori. Quando entro in studio so che molto probabilmente andrò a concepire un altro figlio e questo mi da felicità, anche se il suo formarsi costa molta fatica interiore. Poi amo ascoltare musica; quando sono al lavoro ascolto spessissimo musica classica, musica celtica o qualsiasi musica prodotta con violini e fisarmoniche.

Pomeriggio con il nonno, olio su tela, 80 x 120 cm, 2022
Pomeriggio con il nonno, olio su tela, 80 x 120 cm, 2022
Il marinaio alle prese della coscienza, olio su tela, 60 x 80 cm, 2022, Euro 1400
Il marinaio alle prese della coscienza, olio su tela, 60 x 80 cm, 2022
Signore anziano in cerca di pesci morti, olio su tela, 120 x 100 cm, 2022
Signore anziano in cerca di pesci morti, olio su tela, 120 x 100 cm, 2022

AC|CC  Ci interessa il tuo rapporto con la materia pittorica. Ci interessa il tuo rapporto con supporti e materiali. Scelte e affezioni?

DQ Per ora ho un rapporto difficile con la materia pittorica: ricerco nella pittura la sua specificità, quindi cerco di sfruttare al meglio le possibilità che mi offre questo medium, ma a volte non ci riesco. Credo che alcuni miei lavori pittorici abbiano più a che vedere con la scultura. Sono in continua sperimentazione. Adoro lavorare con i colori a olio, i quali mi permettono con più facilità di concretizzare l’instabilità della carne e del mondo. In più mi piace manipolare il colore sulla tela, e con l’olio ho sempre la resa che cerco. Per quanto riguarda la superficie, ho un buon rapporto con il supporto pittorico. Non ho paura della tela bianca. Si fa guardare con premura aspettando il solletico del pennello. Quando le sto davanti ed è ancora bianca mi viene sempre da pensare: “come sarai?”

“Mi interessa l’uomo, soprattutto la dimensione dell’infanzia e della vecchiaia. Cerco sfumature demenziali che mi consentono di concretizzare visioni e stimoli; trovo che la ricerca del demenziale sia un modo di approcciarsi al mondo, un modo per alterarne la percezione. Voglio creare contrasti elogiando la dimensione dionisiaca della carne: appaiono vecchi che si comportano da bambini, che giocano nudi su pozzanghere o fingono marinai mentre fanno il bagno e così via.”

Escursione nel regno delle lumache, olio su tela, 120 x 80 cm, 2022
Escursione nel regno delle lumache, olio su tela, 120 x 80 cm, 2022
L'ora del pediluvio, 100 x 80 cm, olio su tela, 2022
L'ora del pediluvio, 100 x 80 cm, olio su tela, 2022
Vecchio aspetta, olio su tela, 120 x 100 cm, 2022
Vecchio aspetta, olio su tela, 120 x 100 cm, 2022

AC|CC Astrazione o figurazione?  

DQ Per come vivo la pittura oggi direi figurazione. Le immagini e le visioni che ho in testa richiedono di assumere forme concrete e di essere viste. Mi piace plasmarle in modo figurativo. Tengo molto al fatto di far vedere come un’azione si sta svolgendo e il suo contesto. Nei miei quadri il contesto è spesso legato all’ambiente naturale. La dimensione terrena e carnale deve essere sempre riconoscibile. Far vedere la terra, l’erba, il fango, gli alberi e la natura in generale significa, per me, far vedere la condizione umana. In più, la manipolazione della morfologia della fiaba, che rende inevitabile la conoscenza dell’immaginario collettivo, mi spinge verso la strada della figurazione.

AC|CC Ti chiediamo un pensiero iconografico rispetto alla tua produzione pittorica. Riferimenti e influenze?

DQ Sono nato e cresciuto circondato dal mare e dalle colline marchigiane e mi hanno sempre affascinato le piccolezze della natura. Quando studiavo al Liceo Artistico ho conosciuto gli impressionisti, e tutt’ora conservo un occhio di riguardo per Monet. Nutro un certo fascino anche per il pittore tedesco Hermann Hendrich. Iscritto all’Accademia di Brera ho scoperto artisti contemporanei, e cito Paul McCarthy, che mi stanno guidando nella mia ricerca. Ho avuto poi modo di riscoprire Giorgio Morandi e Alberto Giacometti, che amo molto. Mi piacciono molto i disegni di De Kooning, l’impatto e la forza dei lavori di Francis Bacon, di Ed Kienholz e di Damien Hirst, il modo di concepire il lavoro di John Cage. Coltivo interesse anche per Francis Alys e Mike Kelley. Esclusa la storia dell’arte, come già detto prima, leggo molte fiabe e favole e mi piacciono i cartoni animati. Vorrei viaggiare in Islanda. Mi sto appassionando di fiabe islandesi: proietto molto i miei personaggi nelle vicende di questi racconti. In più l’Islanda ha dei paesaggi bellissimi. Adoro anche il fatto che, in Islanda, ci siano moltissime pecore.

“Nei miei quadri il contesto è spesso legato all’ambiente naturale. La dimensione terrena e carnale deve essere sempre riconoscibile. Far vedere la terra, l’erba, il fango, gli alberi e la natura in generale significa, per me, far vedere la condizione umana.”

Nella pozzanghera, olio su tela, 100 x 80 cm, 2022
Nella pozzanghera, olio su tela, 100 x 80 cm, 2022
Capitan Gregorio Fuentes, olio su tela, 40 x 30 cm, 2022
Capitan Gregorio Fuentes, olio su tela, 40 x 30 cm, 2022

Davide Quartucci (Senigallia, 2000) vive e lavora a Milano.

Studia all’Accademia di Belle Arti di Milano.

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