Adi Haxhiaj

Adi Haxhiaj

Intervista a Adi Haxhiaj
a cura di Alberto Ceresoli e Carmela Cosco

Alberto Ceresoli | Carmela Cosco  Che cosa cerchi nella pittura e che discorso sostiene il tuo fare pittorico?

Adi Haxhiaj In questo momento, come la maggior parte delle persone nel mondo, mi torvo in isolamento forzato. Fortunatamente sono in compagnia della mia famiglia. Questa condizione è fortemente spaesante e la percezione che ho del mondo è decisamente amplificata. I ricordi affiorano più intensamente e l’immaginazione, nel bene o nel male, è più in forma che mai. Nella pittura, così come nella vita, cerco tutto ma non mi aspetto nulla e quando qualcosa diventa accessibile all’anima risulta indicibile. Meglio tacere e fare spazio ad un raggio di Sole nelle vene.

AC|CC Processi, tempi, impegno o disimpegno nel lavoro. Raccontaci del tuo approccio alla pittura. Come si articola il processo di formalizzazione dell’opera? Come vivi il tuo studio? Rigore o elasticità progettuale?

AH Sono una persona generalmente lenta e quando dipingo questa qualità si moltiplica. La mia compagna non mi sopporta per questo ma ognuno ha i suoi pregi nella vita (lei afferma che è una qualità inutile nelle faccende domestiche). Dipingo costantemente e non ho mai avuto il cosiddetto blocco creativo. Mia figlia mi chiama pigrone e la sfera onirica è un organo vitale per il mio lavoro. Nella maggior parte dei casi mi relaziono al dipinto in maniera analitica. Sono rigoroso e rigorista come Totti ed il suo cucchiaio: un tocco morbido di pennello che imprime al dipinto una traiettoria a pallonetto per sorprendere lo sguardo del pubblico. Lo studio è un luogo importantissimo vissuto come un autoesilio.

AC|CC Ci interessa il tuo rapporto con la materia pittorica. Ci interessa il tuo rapporto con supporti e materiali. Scelte e affezioni?

AH Durante l’Accademia ho studiato molto la Pittura Analitica, detta anche Pittura-Pittura. L’azzeramento del linguaggio pittorico e la sperimentazione materica degli artisti appartenenti a quella corrente mi hanno aiutato a battere meglio le punizioni. Il mio rapporto con la materia è sentimentale. Il tegumento pittorico si aggrappa alle cose per rivelarne l’anima. Si prende cura dei supporti ed ha l’aspetto della coagulazione. Crosta pittorica come crosta epidermica. Questa metafora è legata ad un ricordo d’infanzia.

AC|CC Astrazione o figurazione?

AH Apparizione e sparizione. Bagliore e crepuscolo. Distruzione e rinascita. L’intera concezione della mia opera deriva da queste visioni e solo penetrando questi immaginari può essere rispettata o disprezzata. Pittura vitale e di conseguenza mortale. Pittura in mostra, pittura esposta. Esposta e vulnerabile. Impenetrabile e contraddittoria…

AC|CC Ti chiediamo un pensiero iconografico rispetto alla tua produzione pittorica. Riferimenti e influenze?

AH Rispondo con la citazione di un grande scrittore scomparso la scorsa settimana, non a caso in un periodo di grandi influenza, Alberto Arbasino. “Io agisco regolarmente su due piani: il piano umano, cioè la vita quotidiana; e il piano disumano, cioè la finzione letteraria, le rappresentazioni della fantasia.” Inoltre oggi vorrei ricordare un gigante della scultura dipinta, Medardo Rosso.

 

 

Adi Haxhiaj (Tirana, 1989) vive e lavora a Milano.

Tra i progetti di mostra personali, collettive, partecipazioni a fiere e residenze: RITORNANZE a cura di Leda Lunghi (Villa Contemporanea, Monza), 2019; LUNA NUOVA a cura di Edoardo Manzoni e Giada Olivotto (Residenza La Fornace), 2019; PROJECT ROOM – TERRITORI, (Museo temporaneo navile), Bologna, 2019; APPOCUNDRIA a cura di Marta Cereda, (Casa Testori Novate, Milanese), 2019; PROGRESSIVE (Edicola Radetzky,) Milano, 2019; BIENNALE ALESSANDRIA a cura di Matteo Galbiati (Palazzo del Monferrato, Alessandria), 2018; PREMIO ONUFRI, a cura di Gaetano Centrone (National Gallery of Tirana, Albania), 2017; ART VERONA (Verona), 2017; PREMIO ARTI VISIVE SAN FEDELE (Galleria San Fedele, Milano).

Guardala espandersi in tutte le dimensioni, tecnica mista su tela, 63x84 cm, 2016-18